
A due anni dal'uccisione di Giulia Cecchettin, un centinaio di studenti e studentesse ha manifestato nella mattinata dell'11 novembre sulle scale del rettorato de La Sapienza per ricordarla insieme a tutte le vittime di femminicidio. L’iniziativa, organizzata da Udu – Unione degli Universitari e Sinistra Universitaria, ha voluto rilanciare la richiesta di una maggiore educazione sessuoaffettiva e dell’apertura di nuovi centri antiviolenza anche nelle periferie della città.
Durante la manifestazione, ragazze e ragazzi hanno battuto le chiavi e intonato cori simbolici. «Abbiamo bisogno di una prevenzione che parta dalle scuole e dalle università», ha spiegato Ilaria Vinattieri dell’Udu. Gli studenti hanno rivolto anche un appello alla rettrice Antonella Polimeni affinché l’ateneo approvi il nuovo codice anti molestie e apra un centro antiviolenza interno, per rendere La Sapienza «uno spazio realmente sicuro per tutte e tutti».
Sempre a Roma, nella sede della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, Gino Cecchettin è intervenuto in audizione ricordando la figlia e sottolineando la necessità di inserire stabilmente l’educazione affettiva e sessuale nelle scuole.
«L’educazione affettiva – ha detto – non è un tema ideologico, ma una questione di civiltà. Serve a insegnare ai ragazzi a riconoscere le emozioni, a gestirle, a rispettare l’altro. Significa dire che l’amore non è possesso, che la forza non è dominio, che il rispetto è la base di ogni relazione».
Il discorso si è quindi concluso con un richiamo al lavoro della Fondazione Cecchettin, nata un anno fa, e la collaborazione con i centri antiviolenza, «una rete preziosa ma fragile, spesso sostenuta da donne straordinarie che lavorano con risorse insufficienti».
Nel suo intervento, Cecchettin ha insistito sul bisogno di servizi stabili e territoriali, sottolineando che «la violenza non si contrasta con le parole, ma con la presenza concreta».
Dalle parole del padre di Giulia Cecchettin sono infine giunti risultati concreti. Dopo settimane di polemiche, infatti, la Lega ha ritirato l’emendamento che vietava l’introduzione di corsi di educazione affettiva e sessuale nelle scuole medie.
La modifica era stata inserita nel cosiddetto disegno di legge Valditara sul consenso informato, già approvato in Commissione Cultura alla Camera, e prevedeva un divieto per le scuole dell’infanzia e primarie, poi esteso alle medie su richiesta dello stesso partito. Ora, con un nuovo emendamento, la Lega ha fatto marcia indietro, riportando il testo alla versione originaria: i corsi saranno vietati solo per l’asilo e le elementari.
Anche gli alleati di governo — Fratelli d’Italia e Forza Italia — avevano sostenuto il divieto, motivandolo con la volontà di evitare la diffusione della cosiddetta «ideologia gender», espressione spesso utilizzata negli ambienti conservatori per criticare programmi educativi sull’identità di genere e l’affettività.
Le reazioni del mondo dell’educazione, delle associazioni e dell’opinione pubblica hanno però spinto la maggioranza a un ripensamento. Nella nuova versione, i corsi di educazione alla sessualità e all’affettività potranno essere attivati anche nelle scuole medie, a condizione che i genitori diano un consenso informato, dopo aver visionato materiali e temi trattati.
Il ddl Valditara resta comunque un testo ancora in discussione: dovrà passare al voto della Camera e successivamente al Senato.
Foto: protesta a La Sapienza dopo il femminicidio di Ilaria Sula, 2 aprile 2025. Credit: La Capitale
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