
Sessantamila firme, una ministra nel mirino e un ministero che domani diventa il punto di raccolta per una protesta che cresce negli atenei di tutta Italia. Davanti al Mur di Trastevere nel pomeriggio di domani la manifestazione studentesca sarà un sit-in contro il semestre filtro, contro una riforma giudicata fallimentare e contro Anna Maria Bernini, a cui studenti e associazioni chiedono apertamente le dimissioni.
A promuovere il sit-in sono Primavera degli studenti, Unione degli universitari (Udu) e Adi, che rivendicano un dato destinato a pesare nel dibattito pubblico. Circa 60mila studenti avrebbero già firmato sulla piattaforma berninidimettiti.it per chiedere un passo indietro alla ministra. Un numero che, secondo gli organizzatori, racconta un disagio ormai diffuso e non più confinabile a una protesta di nicchia.
Il cuore della contestazione è la riforma dell’accesso a Medicina. «Le criticità sono chiare ed evidenti – spiegano i promotori –: aumento sfrenato della competitività, ansia e frustrazione costante, e soprattutto il mancato superamento dello storico problema dell’accesso, nonostante le promesse». Il semestre filtro, sostengono, ha trasformato l’ingresso in facoltà in un percorso ad ostacoli che rischia di far perdere un anno a migliaia di studenti.
Alla manifestazione parteciperanno anche ragazzi e ragazze che «hanno vissuto il disastro del semestre filtro sulla propria pelle», alcuni dei quali avevano già contestato la riforma nei giorni scorsi, oltre a esponenti delle opposizioni politiche che hanno duramente criticato la ministra sia per il merito della riforma sia per le sue recenti dichiarazioni pubbliche.
Il sit-in arriva infatti a pochi giorni dall’episodio di Atreju, la kermesse di Fratelli d’Italia, dove Bernini è stata contestata da studenti di Medicina. Un confronto diventato rapidamente uno scontro. «Non ce la facciamo più, con il semestre filtro rischiamo di perdere un anno», avevano gridato dal pubblico. La replica della ministra – con riferimenti ai «poveri comunisti» e all’«inutilità» dei contestatori – ha acceso una polemica che ha travalicato l’ambito universitario, investendo il piano politico e istituzionale.
Secondo gli studenti, il problema non è solo nei toni, ma nei numeri. Dopo due mesi di corsi, tre esami, Fisica, Chimica e Biologia, decidono l’accesso alla graduatoria nazionale. Nel primo appello, i bocciati hanno superato di gran lunga i promossi. E mentre si attendono i risultati del secondo appello, attesi il 23 dicembre, prende corpo il rischio che i posti disponibili per Medicina nel prossimo anno accademico restino scoperti. Uno scenario che ha costretto lo stesso ministero a ipotizzare correttivi in corsa.
Le dichiarazioni pronunciate ad Atreju hanno però lasciato un segno profondo. «Al di là di essere definiti “poveri comunisti”, così un ministro dimostra povertà intellettuale», ha detto una studentessa dell’Udu, raccontando di ansia, attacchi di panico e persino pensieri suicidari tra chi vive l’incertezza del nuovo sistema di accesso. Accuse pesanti, che chiamano in causa la responsabilità politica e istituzionale di chi governa il sistema universitario.
Senatori e leader di opposizione hanno parlato di arroganza, di bullismo istituzionale e di un fallimento mascherato da riforma. Per molti, l’aumento dei posti a Medicina sarebbe solo «sulla carta», mentre nella pratica il semestre filtro si configura come un test di ingresso ancora più selettivo e confuso.
Domani, davanti al Mur, studenti e associazioni chiedono un segnale netto. L’abolizione del semestre filtro e le dimissioni della ministra. Sarà, come dicono gli organizzatori, «la prima vera occasione di confronto con la comunità studentesca» dopo giorni di scontri verbali e polemiche. Resta da capire se dal ministero arriverà una risposta politica o se la frattura tra studenti e governo è destinata ad allargarsi ulteriormente.
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