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Virginia Leoni Banfi sulla fecondazione assistita: «Percorso difficile, ora Matilde sta per compiere un mese»

Anita Armenise

Virginia Leoni Banfi, nipote di Lino Banfi, che ci ha raccontato la sua esperienza con la fecondazione assistita. Un viaggio che l'ha portata dall'affrontare la menopausa precoce a diventare mamma grazie alla medicina

Virginia e sua figlia Matilde
Virginia e sua figlia Matilde

«È un percorso senza dubbio difficile. Ma la scienza ce lo ha permesso e bisogna approfittare di questa possibilità». Così Virginia Leoni Banfi, nipote di Lino Banfi, che ci ha raccontato la sua esperienza con la fecondazione assistita che ha effettuato con la dottoressa Arianna Pacchiarotti all'ospedale romano San Filippo Neri. Un viaggio che l'ha portata dall'affrontare la menopausa precoce a diventare mamma grazie alla medicina. Aveva 27 anni, quando si è trovata di fronte una realtà che non immaginava: dopo aver smesso di prendere la pillola nel 2020, ha scoperto che non le veniva più il ciclo e, dopo alcuni mesi, la diagnosi ufficiale di menopausa precoce.


Cosa ti ha portato a considerare la fecondazione assistita come opzione per diventare madre?

L'incontro con la dottoressa Pacchiarotti è stato causale, l'ho conosciuta durante una seduta dall'estetista, è stato l'inizio di un percorso che mi ha cambiato la vita. Non sapevo cosa fosse la menopausa precoce. Non producevo più niente. E quindi per forza di cose abbiamo dovuto pensare a questa opzione della Pma. Io ho fatto l'eterologa, appunto, non potendo utilizzare niente di mio. Per fortuna mio marito, almeno lui, è completamente sano e quindi di lui abbiamo usato tutto quanto e di me io ho fatto solo da contenitore, diciamo. Devo dire che sembra che un po' mi assomigli, non ho capito bene che cosa posso averle dato, perché ovviamente il DNA non è il mio, però insomma alcune cose potrei avergliele passate. Per esempio la bocca sembra uguale a mia, non so quanto sia possibile questa cosa, vedremo adesso quando crescerà.


Come è stato il processo della fecondazione assistita?

È un percorso lungo e difficile. Dopo tre tentativi di fecondazione, l'ultimo ha avuto successo. I primi due tentativi non sono andati a buon fine, ma alla fine sono riuscita a rimanere incinta. Ora ho una bambina, Matilde, che sta per compiere un mese. Tutto il processo è durato, tra una cosa e un'altra, un paio d'anni, perché prima di iniziare ho dovuto fare una serie di controlli, esami di tutti i generi più o meno invasivi.


Cosa pensi sia importante che la gente comprenda riguardo a queste esperienze?

Prima di tutto la cosa che devono capire soprattutto le persone si una certa età ma anche i miei coetanei, è che non siamo colpevoli di niente. A me tantissimi su Instagram mi hanno scritto gente che si vergogna. Una volta mi è stato ha scritto da una ragazza che solo lei e il marito sapevano della fecondazione assistita che avevano portato avanti e che nessuno della famiglia ne era a conoscenza, perché si vergognava di non poter fare figli da sola. Quindi prima di tutto sicuramente questo, è una cosa che non ci si deve vergognare. E se la scienza ha inventato questo, se la medicina è arrivata a creare questo tipo di cose, uno deve essere solo grato. Io forse non essendo religiosa non ho mai pensato che il Signore mi ha voluto così. E poi ancora di più ora, con il fatto che prima uno poteva avere la motivazione di non avere questi soldi, adesso non vale più. Bisogna ancora di più approfittare di questa possibilità.


Quali sono le tue speranze per il futuro del sistema sanitario in questo campo?

Probabilmente un supporto per le medicine. Così come passano tanti farmaci per altre questioni, per altri problemi, per altre malattie. Io prendevo questa medicina, erano punture di progesterone che costava, a pacco 75 euro e con una scatola ci facevo 3 giorni. Questa procedura l'ho dovuta ripetere per i primi 3 mesi della gravidanza quindi immagina quanti soldi.










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