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Stadio della Roma a Tor di Valle, ecco le motivazioni della sentenza: per i giudici condotte spregiudicate di De Vito

Redazione La Capitale

Aggiornamento: 2 giorni fa

Le motivazioni della sentenza forniscono un quadro chiaro e dettagliato della vicenda, evidenziando il ruolo centrale di De Vito e di altri soggetti coinvolti. Il tribunale ha assolto invece Michele Civita, ex assessore regionale, e Francesco Bonifazi, ex tesoriere del Pd renziano

tor di valle
Il vecchio progetto per lo stadio della Roma a Tor di Valle

I giudici del maxiprocesso sul vecchio progetto dello stadio della Roma a Tor di Valle hanno depositato le motivazioni della sentenza, evidenziando la gravità delle condotte accertate e l’intensità del dolo dimostrata dall’ex presidente dell’Assemblea capitolina, Marcello De Vito.

La sentenza, emessa nell’aprile scorso, ha portato alla condanna di nove persone, tra cui lo stesso De Vito, condannato a otto anni e otto mesi di reclusione.


Le accuse e le condanne per l'ex stadio della Roma

La vicenda ruota attorno a reati di corruzione, traffico di influenze e finanziamento illecito. Secondo quanto riportato nelle motivazioni, De Vito avrebbe sfruttato la propria posizione pubblica a scopo economico, in netto contrasto con i doveri assunti nei confronti della collettività.


Oltre a De Vito, tra i condannati figurano Luca Lanzalone, ex presidente di Acea, a tre anni di reclusione, Luca Parnasi, imprenditore, a due anni con rito abbreviato e Giulio Centemero, ex tesoriere della Lega, a un anno di carcere.


Dall’altro lato, il tribunale ha assolto Michele Civita, ex assessore regionale, e Francesco Bonifazi, ex tesoriere del Partito Democratico.


L'uso spregiudicato della funzione pubblica

Le motivazioni della sentenza sottolineano come De Vito abbia mostrato un atteggiamento di particolare spregiudicatezza nel trasformare il proprio incarico istituzionale in un mezzo per ottenere vantaggi economici. Un comportamento che, secondo i giudici, ha aggravato la sua posizione in sede di condanna.


Per quanto riguarda Lanzalone, che ha ricoperto un ruolo di rilievo anche in Acea, il tribunale ha escluso la possibilità di attenuanti generiche, sottolineando la gravità delle sue azioni. Il suo operato, infatti, avrebbe perseguito interessi personali a discapito del bene collettivo, configurando un abuso del proprio ruolo di responsabilità.


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