Sicurezza stradale, a Roma "lo scenario è allarmante"
Movimento Diritti dei Pedoni: «A Roma siamo autocentrici»
E la riforma del Codice della strada?: «Impianto ostile alla mobilità attiva»
A Roma si continua a morire sulle strade. Ad avere la peggio i pedoni e i motocicli, come rilevano i dati dello scorso anno e dei primi mesi del 2024. Complici la velocità dei veicoli, il non rispetto delle regole e le carenze infrastrutturali, le cronache raccontano quotidianamente di incidenti stradali anche gravi. A questo si aggiunge la riforma del Codice della strada, ora al vaglio del Senato, che desta preoccupazione tra le associazioni. Tra loro il Movimento Diritti dei Pedoni, attivo a Roma sui temi della mobilità sostenibile. Abbiamo parlato con la presidente Francesca Chiodi.
Quale è dal suo punto di vista la condizione dei pedoni a Roma?
Lo scenario è molto allarmante. Camminando in città ci abituiamo all’impossibile: slalom tra le auto, difficoltà a trovare un posto sicuro per far scendere un bambino nel passeggino. Bisogna diffondere la consapevolezza di avere dei diritti di mobilità come persone che camminano. Anche perché in Italia, e in particolare a Roma, siamo autocentrici e questa visione va scardinata.
Nei giorni scorsi l’Associazione che presiede, insieme ad altre, è stata ascoltata in Senato sulla riforma del Codice della strada. Quale è la vostra posizione?
Siamo molto critici. Nonostante i proclami (che riguardano l’inasprimento di alcune pene), nei fatti quello che si vede è un impianto ostile alla mobilità attiva che impoverisce gli strumenti di controllo e prevenzione. Diventerà difficile, ad esempio, per i comuni avere una autonomia decisionale su questi temi. Inoltre con una legge delega si permetterà al Governo di decidere con quali parametri un comune potrà attivare una ztl. E ancora: una delibera e una direttiva del Ministero dei Trasporti hanno depotenziato la possibilità di controlli efficaci e dissuaso i comuni a creare le «città 30».
Perché Roma è una delle città più pericolose per i pedoni?
Abbiamo sicuramente un’eredità urbanistica pesante. Il piano della città ha previsto sin dall’inizio di considerare predominante la mobilità privata. Quartieri interi sono stati costruiti senza preoccuparsi degli spostamenti di chi non usa l’automobile. Delle alternative, però, ci sono se pensiamo che il 60 per cento degli spostamenti a Roma sono inferiori a 6 km. Non possiamo continuare a trovare alibi. La mobilità attiva potrebbe colmare una grossa parte di questi spostamenti.
Tra le vostre attività ci sono i Walking lab, di cosa si tratta?
Sono delle camminate in zone specifiche (come abbiamo fatto ad esempio in zona Marconi e Pigneto), insieme alle realtà di quartiere: raccogliamo tutti gli elementi, anche con l’aiuto di tecnici e architetti, per capire cosa non va e poi redigiamo un report che inviamo all’amministrazione competente. Le infrastrutture, in materia di sicurezza stradale, sono fondamentali: la qualità degli attraversamenti pedonali, l’ampiezza di un marciapiede o della carreggiata. Bisogna considerare tutto il sistema dal punto di vista dei pedoni.
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