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  • Camilla Palladino

Premio De André, l'ideatore: «Finalmente l'evento torna alla Magliana»

Il Premio De André Parlare Musica il 20 e il 21 settembre torna nella storica piazza Fabrizio De André, alla Magliana, per la sua 23esima edizione.  A una settimana dall'evento, La Capitale ha voluto ricostruire la nascita del Premio con l'aiuto dell'ideatore Gianni Paris

La targa di piazza Fabrizio De André (Google Maps)
La targa di piazza Fabrizio De André (Google Maps)

«Un premio che consente ai giovani talenti della musica di avere l'occasione di esprimersi anche fuori dalle dinamiche un po' perverse del mercato discografico». Così Gianni Paris, ideatore del Premio De André e attuale capo staff dell'assessorato capitolino alla Cultura, definisce il contest che il 20 e il 21 settembre torna nella storica piazza Fabrizio De André, alla Magliana. Si tratta della finale della 23esima edizione del Premio Fabrizio De André Parlare Musica, che da anni mira a promuovere la creatività e l’originalità delle nuove produzioni artistiche italiane nella musica, nella poesia e nella pittura.


Patrocinato dalla fondazione Fabrizio De André Onlus, promosso e sostenuto dall'assessorato alla Cultura di Roma Capitale con il coordinamento del dipartimento Attività Culturali, con la produzione esecutiva di iCompany, la direzione artistica di Luisa Melis, il supporto organizzativo di Zétema Progetto Cultura e la collaborazione con Lea e Siae – Società Italiana degli Autori ed Editori, questa edizione del Premio è dedicata al giornalista e scrittore Massimo Cotto, recentemente scomparso. A una settimana dall'evento, La Capitale ha voluto ricostruire la nascita del Premio con l'aiuto di Paris.


Da lei è nata l'idea del Premio Fabrizio De André. Come è successo?

«Il premio nasce nel 2001, quando io ero presidente del municipio che allora si chiamava XV, all'interno del quale c'era la Magliana. Da presidente avevo fatto sì che in uno spazio proprio nel cuore del quartiere nascesse una piazza e alla scomparsa di De Andrè mi venne in mente di dedicargliela. Fu il primo luogo toponomastico in Italia a essere dedicato a questo straordinario cantautore. L'inaugurazione avvenne alla presenza della vedova Dori Ghezzi e di tutto l'ambiente che ruotava intorno a De André, come Fabio Fazio, Sergio Endrigo... Venne anche il sindaco Veltroni».


Per intitolare una piazza a un personaggio illustre c'è qualche procedura particolare?

«Normalmente bisogna attendere 10 anni dalla morte, però con il sindaco Veltroni chiedemmo al ministero degli Interni di avere una deroga e ci venne concessa. Così un anno dopo la scomparsa di De André (avvenuta nel 1999, ndr) siamo stati in grado di dedicargli questo spazio».


Come mai proprio alla Magliana?

«Allora il municipio e i cittadini del quartiere già avevano dedicato ufficialmente questo luogo a De André. Nella piazza c'era una targa che ancora esiste con scritto "I cittadini della Magliana a Fabrizio De André", alla quale poi è succeduta la targa toponomastica ufficiale nel 2000. Dopodiché pensai che la piazza non sarebbe dovuta rimanere uno spazio anonimo, ma che avrebbe dovuto ospitare un premio dedicato ai giovani talenti della musica italiana e consentisse loro di avere l'occasione di esprimersi anche fuori dalle dinamiche un po' perverse del mercato discografico».


Da lì l'idea di creare il Premio.

«Sì. Dal 2001 al 2013 è stato finanziato dal municipio. Nel 2013 mi sono dimesso dalla presidenza per approdare in aula Giulio Cesare. Nel 2014 l'allora presidente Maurizio Veloccia (che oggi è assessore capitolino all'Urbanistica, ndr) ha proseguito nell'organizzazione del Premio. Ma dall'anno successivo, per mancanza di interesse da parte dell'amministrazione comunale, il Premio si è spostato in altre location, la maggior parte delle volte all'Auditorium, però su iniziativa privata».


Cosa rende unico il Premio De André?

«Sin dalla sua prima edizione è stato patrocinato dalla fondazione De André, la cui presidente è Dori Ghezzi. Quindi è l'unico premio dedicato a De André che si organizza e che ha l'ufficialità di essere un evento di questa natura. Dori Ghezzi è stata sempre la presidente della giuria e anche quest'anno sarà così. Ma la bella notizia è che dopo una decina di anni in cui questo premio viene organizzato fuori dalla sua piazza d'elezione, per volontà della stessa Dori Ghezzi, dell'assessore Gotor (alla Cultura, ndr) e quindi del sindaco di Roma, torna nella sua piazza d'origine, quindi un quartiere popolare nel quale abitano quei soggetti ai quali De André ha dedicato buona parte delle sue composizioni: il popolo vero, la gente più umile e che ha meno opportunità».


I residenti della Magliana sono orgogliosi di ospitare un evento così prestigioso?

«Certo, il premio è stato subito accolto dalla gente della Magliana con grande favore, anche perché ha contribuito a ridefinire un po' l'identità di quel quartiere nell'immaginario collettivo. Un quartiere martoriato da eventi di cronaca nera come quello del Canaro o quelli la famigerata Banda. Portare De André e la sua straordinaria fama internazionale ha significato anche lavorare su una rinnovata identità del quartiere e di chi lo abita. L'immagine è suggestiva: un premio che si svolge immerso in palazzoni di otto o nove piani con la gente affacciata alla finestra e in cui si cimentano sia i giovani finalisti sia tantissimi ospiti si sono esibiti su quel palco anni prima: da Vinicio Capossela a Dolcenera, Peppe Barra, Sergio Cammariere... Finalmente la Magliana viene scoperta anche da tanta gente che non ne ha mai sentito parlare e ha scoperto un quartiere popolare, rispettoso, garbato, con i problemi di un quartiere densamente popolato, quindi non è certo il paradiso, ma nemmeno il Bronx di cui si parla spesso».


Quindi, alla fine, il Premio è «tornato a casa».

«Esatto. In più a luglio il sindaco Gualtieri e Dori Ghezzi hanno firmato una convenzione per "istituzionalizzare" il Premio. Da quest'anno Roma Capitale diventa definitivamente l'organizzatrice del Premio De André. Quindi si è stabilito con questo protocollo che questo nei prossimi anni avverrà, con la certezza di un impegno preso e quindi questo è importante».

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