Piper Club verso i 60 anni, Bornigia: «Ha cambiato il modo di vivere dei ragazzi»
In una Roma immersa dalle aspettative del miracolo economico, negli anni ‘70 il locale si trasforma in discoteca: «Il questore arrivò a chiudere il Piper perché i ragazzi non studiavano più», racconta Davide Bornigia, figlio del fondatore Giancarlo
«Cosa ha reso il Piper speciale? Ha cambiato il modo di vivere dei ragazzi.» Così racconta Davide Bornigia, figlio di Giancarlo Bornigia, uno dei fondatori del leggendario club romano insieme a Alberigo Crocetta e Piergaetano Tornielli. Il Piper, nato il 17 febbraio 1965 come primo locale di musica dal vivo, è diventato negli anni un punto di riferimento delle serate romana e un trampolino di lancio per artisti che avrebbero segnato la storia della musica italiana e internazionale. Lunedì i festeggiamenti dell'anniversario.
Piper, alla fine degli anni '60 il questore chiuse il club: «Gli studenti non studiavano più»
Nato come live club, il primo dj a suonarci fu Beppe Farnetti il quale visse da protagonista gli esordi del club di via Tagliamento. Farnetti, che sarà presente anche alla festa che si terrà lunedì 17, ed è noto anche per aver aperto «un negozio storico, Città 2000, che ha fatto la storia dei dischi a Roma», racconta Davide Bornigia.
In una Roma immersa dalle aspettative del boom del miracolo economico, negli anni ‘70 il locale si trasforma in discoteca, adattandosi ai nuovi gusti musicali e dando vita a un nuovo modo di vivere la notte romana all'insegna della voglia di trasgressione e ribellione dei ragazzi dell’epoca. «Negli anni ‘60 il questore arrivò a chiuderlo perché i ragazzi non studiavano più: il locale era aperto ogni pomeriggio e fuori c’era sempre una fila lunghissima. Era una cosa che nessuno aveva mai visto. Lavoravamo ininterrottamente dal pomeriggio alla sera» racconta Bornigia. «I ragazzi arrivavano vestiti in un modo, come vestiva la borghesia romana, e poi si andavano a mettere le minigonne nei bagni».
Il Piper è stato anche la prima casa romana di artisti internazionali del calibro di Pink Floyd, Genesis e Jimi Hendrix, lasciando un segno indelebile nella storia della musica dal vivo in Italia. Diede spazio anche ad artiste del calibro di Patty Pravo per questo soprannominata la «ragazza del Piper», che fu scoperta proprio da Alberico Crocetta, direttore artistico e socio dell'epoca del Piper.
Sin dagli esordi, il palco del Piper ha ospitato i migliori artisti della beat generation italiana come i The Rokes, Equipe 84 e Le Pecore Nere, presto seguiti da Fred Bongusto, Dik Dik, Romina Power, Gabriella Ferri e Rita Pavone. A questi si aggiunsero Mal, Mimi Bertè (futura Mia Martini), Loredana Bertè e Mita Medici.
Dalla sua esperienza nacquero anche altri due club iconici della capitale come l'Alien e il Gilda. Il Piper, tempio della gioventù, ha lasciato un segno anche nel cinema e a raccontarlo è lo stesso Bornigia. Il film «Totò Ye Ye» fu girato interamente nel club, mostrando al pubblico l’energia e l’atmosfera irripetibile del locale.
Dopo la morte di Giancarlo Bornigia, i figli hanno lavorato duramente per riportare il Piper agli antichi splendori. «Ho iniziato a lavorare qui a 16 anni - racconta Davide Bornigia - e, dopo la scomparsa di mio padre, io e i miei fratelli, con l'aiuto di quelli acquisiti Giorgio Tamarro e Helmout Hector Buchner Baucevich, ci siamo rimboccati le maniche per rilanciare il club. Il Piper vive di grandi eventi e continua ad essere un punto di riferimento».
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