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Camilla Palladino

Omicidio Sacchi, i giudici: «Del Grosso sparò per uccidere»

A queste conclusioni sono giunti i giudici della prima sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza sull'omicidio del giovane ucciso con un colpo di pistola alla testa nella notte tra il 23 e 24 ottobre 2019 davanti a un pub in zona Colli Albani

Da sinistra: Valerio Del Grosso, autore materiale dell'omicidio, Luca Sacchi, la vittima, e la sua fidanzata Anastasya
Da sinistra: Valerio Del Grosso, autore materiale dell'omicidio, Luca Sacchi, la vittima, e la sua fidanzata Anastasiya Kylemnyk

Valerio Del Grosso, la cui condanna a 27 anni di carcere per l'omicidio di Luca Sacchi è stata confermata in Cassazione lo scorso 16 maggio, ha sparato per uccidere. A queste conclusioni sono giunti i giudici della prima sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza sull'omicidio Sacchi, il giovane ucciso con un colpo di pistola alla testa nella notte tra il 23 e 24 ottobre 2019 davanti a un pub in zona Colli Albani.


 «Una ferma determinazione a compiere l'omicidio Sacchi»

L'autore materiale degli spari «non solo aveva per primo concepito l'idea di commettere la rapina per sopperire al fallimento dell'operazione di compravendita di stupefacente, approfittando della contingente disponibilità da parte delle vittime di una rilevante somma di denaro, - è messo nero su bianco - ma si era attivato per procurarsi un complice all'altezza, Paolo Pirino, ed una pistola con più colpi in canna, rivolgendosi a Marcello De Propris, ed aveva manifestato nelle ore precedenti al tragico epilogo, come ampiamente dimostrato da più conversazioni intercettate, una ferma determinazione a portare a compimento il piano criminoso, superando gli ultimi dubbi, nonostante lo stesso prevedesse l'uso della pistola, appositamente prelevata, per fare fronte all'eventuali sopravvenute difficoltà».


I supremi giudici hanno inoltre disposto un appello bis per aumentare la pena, come chiesto dalla procura generale, agli altri imputati. In primis quelle di Paolo Pirino, presente sul luogo del delitto con Del Grosso, e di Marcello De Propris, accusato di aver fornito l'arma con cui è stato ucciso Sacchi, le cui condanne in secondo grado erano scese da 25 anni a 14 anni e 8 mesi. Un nuovo processo di appello si svolgerà anche per la fidanzata di Sacchi, Anastasiya Kylemnyk, condannata a 3 anni per violazione della legge sugli stupefacenti. Il nuovo processo di appello è fissato per il 10 dicembre. Per i giudici è infatti «incontestato» che la ragazza «avesse partecipato all'incontro tra Princi e gli emissari della parte venditrice avvenuta poco prima della sparatoria e che durante questo incontro abbia portato con sé lo zaino in cui era custodito il denaro così da consentire a Rispoli e Piromalli, inviati da Del Grosso, di verificarne la presenza». Ma in merito alla sua «consapevolezza in ordine all'attività illecita organizzata dal Princi» secondo la Cassazione «le risposte fornite dalla Corte distrettuale sono incomplete». Resta da capire, insomma, quale sia stato il reale ruolo della giovane nella dinamica del delitto.


«Del Grosso ha mirato agli organi vitali»

Ciò su cui i giudici della Cassazione non hanno avuto dubbi, insomma, è la responsabilità di Del Grosso. «Sintomatici della previsione e volontà dell'evento morte sono stati ritenuti la natura micidiale del mezzo adoperato, le modalità esecutive della sparatoria ed il movente: Del Grosso, poco prima schernito da uno dei complici, De Propris, perché considerato timoroso e non dotato di elevato spessore criminale, una volta decisosi ad intervenire nell'esecuzione dell'attività predatoria, in un primo momento affidata al solo Pirino, per neutralizzare la "reazione impeditiva" istintivamente posta in essere da Sacchi, non solo aveva sparato servendosi di un mezzo dotato di elevatissima efficacia lesiva da tutti conosciuta, ma aveva indirizzato il colpo, dopo avere mirato, verso gli organi vitali della vittima designata, effettivamente attinti, così da eliminare in modo diretto ed immediato l'ostacolo frappostosi alla riuscita del piano criminoso in corso e all'impossessamento dello zaino con il denaro da parte del complice».


Come scritto nelle motivazioni della sentenza, «la vittima rappresentava un bersaglio facilmente raggiungibile anche da parte di chi non aveva dimestichezza con l'uso delle armi in ragione della distanza, comunque contenuta, e della posizione assunta (di spalle e chinato a terra). Sacchi, disarmato e contestualmente impegnato nella colluttazione con Pirino e nell'opera di soccorso della fidanzata, non poteva neanche accorgersi del pericolo per cercare di evitare il colpo o attenuarne gli effetti».

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