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Neve e turismo nel Lazio: la critica di Legambiente sugli impianti in crisi

Giacomo Zito

Il caso più critico nel report di «accanimento terapeutico» in regione è quello del Terminillo, ma non mancano giudizi negativi sulla modalità di gestione nazionale del turismo invernale

sci di fondo

Il turismo invernale nel Lazio sta affrontando una crisi sempre più evidente. Secondo il rapporto Nevediversa 2025 di Legambiente, gli impianti sciistici regionali risentono pesantemente della crisi climatica e della mancanza di investimenti mirati.


Se una volta le montagne laziali rappresentavano un'alternativa accessibile alle località alpine, oggi molti comprensori si trovano a fronteggiare chiusure, riduzioni di afflusso e difficoltà economiche.


Questo è dovuto in parte alla sempre più frequente mancanza di neve nelle località sciistiche, ma anche a una accurata scelta dei finanziamenti, fin troppo indirizzata al mantenimento e ammodernamento degli impianti e poco alla creazione di alternative turistiche, così come ormai servirebbero nella maggior parte delle località laziali.


I comprensori in crisi, i casi di Selvarotonda e Monte Livata

Tra i casi più emblematici della crisi degli impianti nel Lazio c’è il comprensorio di Selvarotonda, situato nel comune di Cittareale (RI). Chiuso dal 2016 a causa del sisma e della scarsità di neve, non ha più ripreso l’attività sciistica, lasciando il territorio senza un’economia invernale sostenibile.


Un altro esempio è Monte Livata, l’unica stazione sciistica della provincia di Roma inserita all'interno della lista degli impianti «un po' chiusi e un po' aperti». Storicamente frequentata per la vicinanza alla capitale, Livata ha subito un progressivo declino.


Nel 2025, segna il report, la stazione sciistica ha aperto solo da metà febbraio. Attualmente, gli impianti funzionano in modo discontinuo e l'assenza di neve naturale ha reso sempre più difficile l’affidabilità della stagione invernale. Il comprensorio cerca di diversificare l’offerta con sci di fondo e attività alternative, ma il futuro resta incerto.


Il report sul Terminillo, caso di «accanimento terapeutico»

Più critico è invece il giudizio di Legambiente sul Terminillo, storica meta sciistica del Lazio, inserita tra i «casi di accanimento terapeutico». Secondo quanto scritto nel report «i fondi stanziati per il rilancio della stazione sciistica, invece che all’ampliamento dei chilometri di piste, devono avere priorità di contrasto al declino edilizio con rigenerazione o abbattimenti delle strutture abbandonate, prevedere sentieristica adeguata dato il grande aumento di ciaspolatori in continuo aumento, destagionalizzazione delle presenze con il rafforzamento dell’offerta di turismo dolce in risposta anche alla situazione climatica e alla contrazione del numero di settimane di innevamento, allontanamento delle auto delle parti sommatali per aumentare la tutela della biodiversità».


L'impianto sciistico ha intanto dato notizia di aver chiuso in anticipo la stagione invernale 2024/2025, dopo l'ultima nevicata del 13-14 febbraio che aveva portato 40 cm di neve. Nonostante la speranza di proseguire fino a metà marzo, il caldo e la pioggia hanno accelerato la chiusura, con le ultime lezioni di sci svolte una settimana fa.


Il bilancio è contrastante: l’apertura delle piste a Natale è stata un successo rispetto agli anni precedenti, ma restano criticità nella gestione della neve, tanto che la Scuola Sci ha dovuto innevare artificialmente alcune aree a proprie spese. Anche il tracciato di sci di fondo e gli impianti di Campo Stella, a Leonessa, hanno chiuso.


I numeri della crisi: impianti chiusi e innevamento artificiale

Il dossier Nevediversa 2025 riporta che attualmente in Italia ci sono 265 impianti sciistici dismessi, più del doppio rispetto al 2020, quando erano 132. Nel Lazio, sono diminuiti rispetto al 2023-24 gli «impianti temporaneamente chiusi» nonostante comunque si mantengano evidenti criticità nella gestione di quelli presenti.


Un dato allarmante riguarda l’aumento dei bacini per l’innevamento artificiale: in tutta Italia si contano oggi 165 bacini per un totale di quasi 1,9 milioni di metri quadrati, una crescita che evidenzia la difficoltà nel garantire neve naturale.


Questo è particolarmente evidente nei comprensori laziali, dove le temperature invernali sono sempre più alte e rendono insostenibile il mantenimento di impianti sciistici tradizionali.


Quale futuro per il turismo invernale nel Lazio?

L’analisi di Legambiente evidenzia la necessità di un cambio di rotta. Puntare esclusivamente sullo sci da discesa, in un contesto climatico sempre più sfavorevole, rischia di trasformarsi in una strategia fallimentare. L’alternativa è rappresentata dalla diversificazione del turismo montano, con un’offerta che vada oltre lo sci alpino.


Attività come il trekking invernale, le escursioni con le ciaspole, lo sci di fondo e il turismo naturalistico potrebbero rappresentare la chiave per il rilancio delle montagne del Lazio. Alcuni tentativi sono già in atto, con la creazione di percorsi escursionistici e progetti legati alla sostenibilità, ma resta la necessità di un piano coordinato che coinvolga le istituzioni e le comunità locali.


Nella parte dedicata al «colloquio tra professionisti del settore», come esempio sul tema viene proprio tirato in ballo il massiccio del Terminillo. Luca D’Angelo, direttore dell’Azienda per

il Turismo Dolomiti Paganella ne parla come esempio di investimenti a suo dire sbagliati in zone dove servirebbe piuttosto una diversificazione dell'offerta anche sulla base delle necessità: «Se il Ministero del Turismo destina 148 milioni di euro agli impianti e solo 4 milioni ai nuovi turismi, diventa poi inevitabile che si vogliano costruire funivie sulle Madonie o al Terminillo…».

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