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Un giorno tra botteghe e artigiani del Centro. Il marmoraro di via Margutta: «Siamo gli ultimi. Ma domani sono contento di tornare qui»

  • Edoardo Iacolucci
  • 21 dic 2024
  • Tempo di lettura: 5 min

Corniciai, Sandro il marmoraro di via Margutta e Annibale, il macellaio storico di via Ripetta

Un giorno tra le botteghe degli artigiani del Centro storico. Il marmoraro di via Margutta: «Siamo gli ultimi. Ma domani sono contento di tornare qui»
La bottega di Sandro Fiorentini, il marmoaro di via Margutta

Un racconto di botteghe ed artigiani, custodi di tradizioni, che a Roma come in altre città italiane stanno scomparendo. Storie di passione, fatica e creatività, intrecciate con l'arte e la cultura del nostro Paese.


Da Sandro Fiorentini, il marmoraro di via Margutta con l'attività aperta dal padre accanto al palazzo che ospitò Picasso, passando per la macelleria di Annibale in via di Ripetta, un’istituzione del Centro storico, frequentata dagli artisti di piazza del Popolo, Mario Schifano, Tano Festa e Franco Angeli, fino ai grandi registi come Monicelli. E poi, ancora, tornando nei laboratori d'artigianato di via Margutta, come quello di cornici di Stefano Mucci, che raccontano una Roma d’altri tempi, sospesa tra memoria e futuro.


Sandro Fiorentini, il marmoraro di via Margutta

fiorentini
Il marmoraro Fiorentini

«Mio padre, siccome non sapeva stare senza far niente, come capitava un sasso, scriveva qualche cosa e le ammucchiava lì. A un certo punto queste scritte diventarono tante. Una signora, che era anche una signora che lui gli era un po' antipatica, gli disse, "ma Fiorentini ha mai pensato di venderle queste cose?"».


Nasce così la leggenda di Enrico Fiorentini, il "marmoraro" di via Margutta. Ed è suo figlio Sandro, che ha preso la sua eredità, a raccontare adesso la loro storia, e della bottega storica. Sono piccole, e più grandi lastre di marmo, con scritte disegni e motti ironici o saggi proverbi. Molte appese al soffitto e sospese come pioggia in una foto. Altre sui mobili, altre sul camino che accoglie i clienti appena entrati.


A quella donna, comunque, Enrico Fiorentini, non disse nulla: «Lei se ne andò - racconta Sandro -, e dopo un po' gli aveva messo la pulce per l'orecchio e mio padre cominciò a venderle».

Cinque lire, otto lire, fino ai giorni d'oggi. Questo è diventato un lavoro, una fonte di sostentamento della bottega: «Tredici anni fa, quattordici anni fa, è morto mio padre. Io, poco prima, per gioco gli dissi, levati, che faccio io. Senza aver mai preso in mano uno scalpello E ho cominciato io a farle».



Sandro figlio d'arte

Così la tradizione passa di padre in figlio, e la bottega continua a vivere di luce propria. In un brevissimo tempo il lavoro diventa per Sandro molto familiare. Senza sapere perché ma una spiegazione c'è: «Io per cinquant'anni ho rubato con gli occhi. Mio zio, mio padre, e poi io».

Un furto d'arte e tecnica incosciente: «È cominciata così. E continua, spero che continui, finché io sarò qua, poi decidono i miei figli quello che fare, quello che non fare». Muove le sue mani, con i calli del mestiere. Risponde ai clienti che entrano: «Di dove sei? Los Angeles? Io romano: ro-ma-no», scandendo le sillabe con vigore. Quello di chi sente il peso della storia, e per lo stesso motivo disincantato, quasi ironico.


Il ritmo dello scalpello

Un giorno tra le botteghe degli artigiani del Centro storico. Il marmoraro di via Margutta: «Siamo gli ultimi. Ma domani sono contento di tornare qui»

Lascia l'ingresso, con un camino due panche, di marmo, e torna nel suo piccolo laboratorio. Alcol rosa vicino, un pezzo di marmo: «Il marmo è di Carrara? Sì. Incidere sul travertino è un po' più difficile ha pieni e vuoti, rischi che lo scalpello si impunti e poi devi ripassarci a 200 volte». Sandro è lì concentrato sul lavoro: «Se veniva qualcuno e cominciava a toccare le scritte e le toccava male, con un rumore che non è consono, mio padre si avvelenava - si lascia cullare così dalle memorie -. Buttava lo scalpello così e andava lì in segno di sfida».

Sandro ricorda che lo riprendeva, gli diceva di lasciare le possibilità di guardarli: «È giusto che le spostano, è giusto che le vedano. "No, perché suonano male, le poggiano male" diceva lui. E io non capivo...».


Quando entra qualcuno, adesso, «qua dentro, che tocca le scritte male, faccio esattamente quello che faceva lui.Punto lo scarpello e vado lì» spiega serio Sandro. Tutto per la musica. La musica dello scalpello, che i movimenti bruschi mandano fuori tempo: «fuori zona» specifica lui.


Il concetto di Bottega Storica

Sandro parla delle botteghe storiche, come istituto: «Con la bottega storica, vincoli chi prenderà il negozio a seguire la stessa attività. Quindi vincoli nei confronti dei tuoi figli». Inoltre dovrebbe essere venduto a uno che fa lo stesso lavoro: «Ci vuole una continuità. Essere tutelato, sì. Ma essere imposto, è un altro discorso».


Il pranzo da Sandro

marmoraro

«Mo' tocca che levo al banco e metto alla cucina». Sono le 13 e adesso il piccolo laboratorio del marmoraro diventa una cucina. «Qui ci hanno mangiato mezzo mondo. Mio padre si diventava lì - racconta indicando l'accogliente camino che domina il centro della bottega - alla brace. E io mi divertivo in cucina. E poi il convivio è molto piacevole...».

Sandro saluta repentinamente e con gioia le persone che passano per via Margutta. Clienti, turisti, romani, di ogni età. A pra


marmoraro di via margutta

Il discorso va poi sui grandi centri commerciali, sui supermercati: «Chi ha inventato un supermercato, un grande magazzino, dovrebbe essere lapidato... - sentenzia come fosse una voce da Antico testamento -. Vai da Annibale dopo che tu sei uscito da qui. Perché tu vedrai una macelleria che c'ha grossi problemi...».




L'Antica Macelleria Annibale di via Ripetta

annibale macelleria
Annibale, via di Ripetta

L'Antica Macelleria Annibale, è al civico 236 di via di Ripetta. Un luogo fuori dal comune. Un negozio d'epoca tra i più rari e belli della Capitale. Qui si sono serviti tutti: dai residenti, alle star del cinema, ai personaggi dell'arte e dello spettacolo. Un leone d'oro di Venezia, troneggia in altro, sopra il bancone. Un locale elegante, anche per un vegetariano: «Ci sono le uova, freschissime» ride. Oltre la carne vende altri prodotti ottimi, ma non basta: «Le botteghe del centro stanno soffrendo - dice amaramente -. Tempo... cinque anni».


L'amministrazione comunale e regionale sta cercando di occuparsi della situazione. Ma per Annibale non basta: «Dato che abbiamo un'amministrazione sia regionale e sia comunale che non gliene frega niente. E c'è la distruzione. Non rimarrà nessuno. Adesso ci sono solo b&b. Un turista da b&b non è che viene da una bottega, un artigiano... perché se ne frega». Poi il discorso si concentra sulla Ztl A1, il famoso "tridentino":« Non si entra più. Solo i residenti. Ma i residenti... non ci sono più. Allora diventa zona franca per quelli che verranno qui...».


Stefano, il corniciaio

bruno e stefano via margutta
Bruno e Stefano, via Margutta

Andando via da Annibale, di nuovo in via Ripetta. Ma stavolta al negozio di cornici artistiche di Stefano Mucci. Il laboratorio Mucci viene fondato nel 1926 qui tra piazza del Popolo e piazza di Spagna. È stata riconosciuta «Bottega storica» dal Comune di Roma con l’ordinanza del sindaco dell'aprile 1998. E da 90 anni il laboratorio realizza cornici artigianali di qualità, antiche, classiche o moderne.


Stefano adesso nel suo negozio tra legno, colla e carta, ospita anche un suo amico e collega antiquario Bruno, che aveva un'attività in via Margutta. Ma come molti altri dato le minori venditi e i differenti stili di vita dei clienti rispetto a decenni fa è stato costretto a chiudere: «Negli anni 70. c'erano una sessantina di artigiani su strada...» spiegano.


Bruno ritorna poi sugli stili di vita: «Oggi non si sposano più due persone che comprano casa nei quartieri più eleganti e se l'arredano con oggetti d'antiquariato. Non si vive più in una casa fino alla pensione... I giovani oggi lavorano qua, domani a Milano, dopodomani a Parigi. Oggi a Berlino, poi a Londra. La loro vita sta dentro al telefono. E dentro al computer. Non vogliono un pezzo di mobile antico... È un mondo che è finito».


Pochi civici più in là, Sandro sta ultimando le sue lastre e con un'aria sorniona che solo un romano può avere dà la buonanotte: «Quando lavori e sei contento di fare quello che fai non lavori manco un'ora alla giornata. Sono contento di ritornare qui domani mattina»


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