«La scuola appartiene a chi osa sognare»: conclusa l'occupazione al liceo Socrate, le lezioni riprenderanno oggi
Gli studenti del liceo Socrate hanno concluso l’occupazione dopo giorni di autogestione. Una madre ed ex studentessa scrive una lettera aperta, riflettendo sul valore delle occupazioni come strumento di cambiamento sociale e politico
Si è conclusa l’occupazione del liceo Socrate, situato nel quartiere Garbatella-Ostiense. Gli studenti delle sezioni classico e scientifico, che avevano dato inizio all’autogestione lo scorso mercoledì, hanno lasciato la sede di via Padre Reginaldo Giuliani nella tarda mattinata di ieri. Lo ha comunicato il dirigente scolastico Carlo Firmani attraverso il sito ufficiale della scuola: «Gli occupanti hanno lasciato gli ambienti scolastici. Pertanto, per consentire il ripristino degli spazi e la disinfestazione, le attività didattiche riprenderanno giovedì 19 dicembre alle ore 8».
L’episodio, come spesso accade in situazioni analoghe, ha acceso dibattiti e suscitato reazioni contrastanti. Tra le voci emerse, spicca quella di una madre e ex studentessa del Socrate, che ha scritto una lettera aperta per condividere il suo punto di vista sulle occupazioni studentesche e il significato che rivestono nel contesto scolastico e sociale.
Il ruolo storico del liceo Socrate
La lettera, ricca di spunti storici e culturali, ricorda il significato del liceo Socrate per il quartiere Garbatella e le zone limitrofe. Inaugurato nel 1972, in un’epoca in cui i licei classici erano rari nelle periferie, il Socrate rappresentò un’opportunità unica per i figli degli operai della zona. Fu un simbolo di riscatto, un «ascensore sociale» che permise a molte famiglie di intravedere un futuro migliore attraverso l’istruzione.
Nonostante il tempo trascorso, la scuola mantiene il suo carattere di inclusività e accoglienza, valori che la madre descrive come pilastri della comunità scolastica.
Occupazioni e dissenso, un atto politico e di responsabilità
La lettera si sofferma sull’occupazione non come mero atto di disordine, ma come espressione di un diritto fondamentale: il «diritto ad avere diritti», concetto caro alla filosofa Hannah Arendt. In un mondo in cui i giovani sono spesso esclusi dalle decisioni che li riguardano, l’occupazione diventa un’occasione per sperimentare responsabilità collettiva, trasformando la scuola in uno spazio di riflessione e di «resistenza» contro modelli educativi percepiti come competitivi, alienanti e privi di umanità.
La madre collega questo fenomeno alle grandi lotte giovanili del passato, dalle rivolte studentesche del sessantotto ai più recenti movimenti ambientalisti come Fridays for Future. In tutti questi casi, i giovani si sono posti come motori di speranza e cambiamento, esprimendo la necessità di immaginare un mondo più giusto e solidale.
Un invito al dialogo e alla comprensione
La lettera si conclude con un appello alla comunità scolastica e ai genitori: abbandonare il linguaggio offensivo e il giudizio sommario, per favorire un confronto costruttivo tra chi sostiene e chi critica le occupazioni. Anche gli studenti contrari, suggerisce, dovrebbero partecipare al dibattito, portando le loro idee e rivendicando il loro punto di vista, affinché la scuola diventi un vero laboratorio di democrazia. L'ex studentessa del Socrate, infatti, scrive: «In un pianeta in guerra, indifferente, cinico, i ragazzi sono il volto della speranza, il segno di una generazione che non si rassegna a subire, ma lotta per un futuro più equo. Chi occupa in questo momento lo fa per dare un segnale della propria esistenza, per richiamare noi tutti sul dato di fatto che la scuola, che in questo momento è il loro mondo, appartiene a chi osa sognare di poterlo cambiare».
Citando Gramsci, la madre ricorda il valore dell’istruzione e dell’impegno collettivo: «Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza».
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