La battaglia delle comunità psichiatriche contro lo stigma della società
È solo dopo la chiusura i manicomi che si è lavorato sulla decostruzione del pregiudizio e dello stigma sulle persone con patologie mentali. Un processo affrontato quotidianamente nelle comunità psichiatriche, come la Gnosis di Marino

Quando le è stato chiesto cosa significhi vivere con un disturbo mentale, Ilaria non ha avuto dubbi: «I disturbi di cui soffriamo non sono la totalità della nostra persona. Dietro un disturbo mentale c'è molto altro». Ilaria vive nella comunità terapeutica Gnosis di Marino e, insieme ad altri utenti, ha deciso di rompere il silenzio su un tema ancora avvolto nel tabù: la vita all’interno delle comunità psichiatriche e il percorso di reinserimento dopo la fine del ricovero. Perché di chi affronta questo cammino, lo porta a termine e torna a far parte della società si parla ancora poco.
Comunità psichiatriche, dove si parte per decostruire lo stigma sulle malattie mentali
Alleggerire il peso di chi vive con un disagio psichico è parte del lavoro di medici come Priscilla, operatrice di riferimento della comunità di Marino, dove sono ospitati circa 20 utenti. «Quello che hanno a cuore le comunità è la dignità delle persone, per noi è fondamentale il reinserimento sociale degli utenti», spiega.
Nella comunità, accreditata al sistema sanitario nazionale, per via di questo obiettivo il tempo medio di permanenza è di circa tre anni. Piuttosto lungo se paragonato a quello delle cliniche dello Spdc, il servizio ospedaliero psichiatrico di diagnosi e cura o, per chi ha commesso dei reati, delle Rems, le Residenze sanitarie per l'esecuzione delle misure di sicurezza. Primi step per l'individuazione e la cura del disagio mentale.
Un tempo necessario per permettere agli ospiti di riscoprire se stessi e le proprie capacità. «Qui ci viene dato modo e opportunità di cambiare e vedere i nostri punti di forza» ha raccontato Adriano, riprendendo le parole di Jennifer sulla fiducia che la comunità trasmette. Una battaglia portata avanti dalla comunità per combattere la sensazione di «impotenza», che deriva dalla frustrazione, coltivata dentro di loro, di non poter far nulla né per se stessi né per gli altri.
«Qui dentro si riscopre la persona», spiega Priscilla. Un principio che affonda le radici nella rivoluzione iniziata con la riforma Basaglia. Infatti chi ha l'età per aver vissuto il periodo immediatamente successivo alla legge che chiuse i manicomi ricorderà come le comunità terapeutiche abbiano avuto un ruolo essenziale nel restituire dignità a chi era stato rinchiuso nelle strutture manicomiali o viveva in condizioni di difficoltà all'interno di famiglie prive delle risorse, sia culturali che economiche, necessarie per offrire un supporto adeguato.
Basaglia si rese conto che aveva a che fare con persone che avevano una loro storia, un loro trascorso e non bastava curarli nascondendoli alla società ma era necessario il contesto di vita quotidiano. Per questo gli strumenti che vengono forniti agli utenti riguardano sia attività come la cura degli spazi personali e collettivi ma anche la cucina, le gite, i laboratori teatrali e gruppi di lavoro. Tutto svolto in un ambiente non sanitarizzato, permeato da un clima accogliente e domestico, dove il lavoro terapeutico punta ad un reinserimento sociale e ad una riabilitazione della persona sofferente.
«Solo dopo i manicomi si lavorato su una decostruzione del pregiudizio e dello stigma sulle persone con patologie mentali», continua la terapeuta. Una sovrastruttura, quella dello stigma, che si crea per ignoranza, per paura e per vergogna e che in ogni caso rimane indissolubilmente legata a chi soffre di una patologia mentale.
«Parliamo di un mondo individualista, un mondo non pronto al reinserimento del diverso. Infatti noi spesso abbiamo l'impressione di avere una visione utopistica, ma in realtà dovrebbe diventare un'etica sociale di ogni cittadino, perché questi ragazzi, come noi, hanno diritti e doveri», ha concluso la psicologa. Un modo di concepire la psichiatria che dovrebbe essere di confronto tra persone libere.
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