top of page
Progetto senza titolo-31.png

Inizia oggi il processo per la morte di Satnam Singh, fuori dal tribunale striscioni: «Basta caporalato»

Anita Armenise

L'imputato nel processo è Antonello Lovato, imprenditore della cooperativa agricola Agrilovato per cui lavorava Satnam Singh, accusato di omicidio volontario con dolo eventuale

satnam singh

È iniziato oggi nelle aule del tribunale di Latina il processo per la morte di Satnam Singh, il bracciante agricolo di 31 anni deceduto nel giugno del 2024 a seguito di un incidente sul lavoro nelle campagne di Cisterna di Latina. In piazza Bruno Buozzi sventolano le bandiere dei sindacati, mentre uno striscione recita «basta caporalato», «Verità e giustizia per Satnam Singh» e «basta sfruttamento».


Tra i presenti al presidio organizzato davanti al tribunale, anche il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che ha ribadito l'importanza del processo non solo per fare giustizia sulla morte di Singh, ma anche per avviare un cambiamento nel modello di impresa: «Ci costituiamo e ci siamo costituiti parte civile perché pensiamo che sia importante fare giustizia e soprattutto che si metta in movimento tutto ciò che è necessario perché si cambi il modello di fare impresa e perché episodi di questa natura non possano più avvenire», ha dichiarato Landini.


Il segretario della Cgil ha sottolineato come il caso Singh non possa essere considerato isolato, evidenziando il persistere di condizioni di sfruttamento, lavoro nero e caporalato nel settore agricolo. «Non pensiamo che questo sia semplicemente un caso isolato. Ed è un errore pensare che si risolva il problema solo con questo processo», ha aggiunto, denunciando la mancata inversione di tendenza sui temi della sicurezza e della legalità nei luoghi di lavoro.


Sono 16 le parti civili nel processo

Durante l'udienza, i giudici del tribunale di Latina si sono ritirati in Camera di consiglio per deliberare sulla costituzione delle parti civili. Attualmente, sono 16 le parti ammesse, tra cui sette associazioni di diritto privato come la Cgil di Frosinone e Latina, Flai e Libera, quattro enti istituzionali, la Regione Lazio, il comune di Latina, il comune di Cisterna di Latina e l'Inail e cinque persone fisiche, tra cui la compagna e la famiglia della vittima.


L'imputato nel processo è Antonello Lovato, imprenditore e figlio del titolare della cooperativa agricola Agrilovato per cui lavorava Satnam Singh, accusato di omicidio volontario con dolo eventuale. La difesa ha sollevato diverse eccezioni, sulle quali i giudici si sono riservati di decidere.


Un caso simbolo della lotta contro il caporalato

Secondo Giovanni Lauretti, legale della compagna di Satnam Singh, il processo rappresenta uno «spartiacque importante» nella battaglia contro il caporalato e il lavoro nero in Italia. «È una giornata importante perché è un processo che effettivamente segna un punto di svolta. Subito dopo i fatti, la questione dello sfruttamento lavorativo è emersa in maniera più evidente, portando anche a un aumento delle assunzioni regolari di lavoratori stranieri», ha dichiarato l'avvocato.


Sony, la compagna di Singh, era presente in aula: «Anche questa è una testimonianza della presa di coscienza di ciò che è successo», ha aggiunto Lauretti.


Le accuse contro Lovato

Uno degli aspetti più sconvolgenti della vicenda riguarda la ricostruzione dell'accusa, secondo cui Lovato, figlio del datore di lavoro di Singh, avrebbe caricato il bracciante mutilato su un furgone, abbandonandolo agonizzante nei pressi della sua abitazione, con una cassetta contenente l'arto mozzato, prima di darsi alla fuga. Un comportamento definito «inaccettabile in un Paese civile» dall'Osservatorio Nazionale Amianto, anch'esso costituitosi parte civile nel processo.


Ilaria Cucchi: «Satnam in Italia ha trovato solo catene. Le nostre catene»

La senatrice Ilaria Cucchi ha commentato l'inizio del processo per la morte di Satnam Singh: «Ci sono dei momenti che segnano un prima e un dopo. Il processo Singh è uno di quei momenti», ha dichiarato. «Satnam, privo di permesso di soggiorno e diritti, ha vissuto una vita segnata dalla schiavitù. In Italia ha trovato solo catene. Le nostre catene», ha scritto Cucchi in un post su Instagram , denunciando il sistema che lo ha condannato a morire dissanguato, abbandonato e senza soccorsi.


Per Ilaria Cucchi, il processo riguarda non solo i responsabili diretti, ma un sistema più ampio: «Il banco degli imputati dovrebbe essere infinitamente più grande», ha affermato, chiedendo giustizia per tutte le persone sfruttate e invisibili come Satnam. «La sua morte - ha concluso - è un richiamo urgente a cambiare le politiche migratorie e le strutture di sfruttamento».

Comments


Commenting has been turned off.
bottom of page