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Incidenti stradali, le associazioni: “Ogni giorno rischiamo la vita"

Lunedì sera la cittadinanza e le associazioni si sono riunite in viale Marconi 250 dove sabato scorso è morto Sebastiano Schillaci, l’infermiere 68enne travolto e ucciso da una Fiat Panda mentre attendeva l’autobus. Un sit-in di commemorazione ma anche di rivendicazione: «Abbiamo sete di sicurezza stradale»

Sebastiano Schillaci, incidenti stradali Roma
Associazioni e cittadinanza riunite a viale Marconi 250 (La Capitale)

In viale Marconi 250 sabato scorso è morto Sebastiano Schillaci, l’infermiere 68enne travolto e ucciso da una Fiat Panda mentre attendeva l’autobus. Per esprimere solidarietà alla famiglia della vittima e per rivendicare una città più sicura, lunedì sera cittadine, cittadini e associazioni hanno organizzato un momento di commemorazione nello stesso luogo dove ancora è visibile un rivolo di sangue della vittima.


«Guerra civile»

Il clima è teso. La rabbia è tanta. C’è chi accusa le istituzioni e chi denuncia «il menefreghismo delle persone che vivono la strada». C’è chi accende un cero in memoria di Sebastiano e chi è presente perché ha vissuto una situazione simile:«La mia compagna è stata investita due anni fa e non è ancora iniziato il processo. Ora sono qui perché ho trovato la forza di dare una mano a qualcun altro per far finire questa ingiustizia allucinante…E’ come se ci fosse una guerra civile».


«Vogliamo avere la sicurezza di tornare a casa»

C’è chi propone di «ridimensionare la sezione stradale che oggi dedica l’80 per cento alle automobili e chi imputa alla velocità la responsabilità dei morti negli incidenti. Tra loro Francesca Chiodi, presidente del Movimento diritti dei pedoni che ha promosso l’iniziativa.  «Le auto sono guidate da conducenti spesso sprezzanti di ciò che li circonda, con un concetto di fretta che prevarica anche le persone circostanti: si preme sull’acceleratore superando di molto i limiti», dice Chiodi secondo cui «Roma purtroppo è una città dove il codice della strada si può ritenere quasi sospeso». Invece «anche una semplice sosta selvaggia in prossimità di un incrocio è un enorme rischio per la sicurezza: limita la visibilità e può fare la differenza tra la vita e la morte di una persona». Come portavoce della manifestazione, Francesca Chiodi afferma:«Abbiamo sete di sicurezza stradale e vogliamo poter vivere Roma con la certezza di tornare a casa».


«Ogni giorno rischiamo la vita»

Al sit-in, in prossimità della fermata dell’autobus dove è accaduto l’incidente, ci sono anche tante biciclette. Il mondo dei ciclisti romani ha aderito alla manifestazione con le associazioni Fiab e Salvaciclisti. A rappresentare quest’ultima Tommaso Grandi:«Siamo qui perché siamo tutti a rischio sia come persone che camminano, sia come ciclisti, sia come utenti del trasporto pubblico ma anche come automobilisti perché in questa città tendenzialmente tutti ogni giorno rischiamo la vita». Grandi ha anche ricordato l’importanza di diminuire i limiti di velocità: «E’ scientificamente provato che la velocità superiore a 30 km aumenta la percentuale di morti: a 30 km orari - ha spiegato - muore il 10 per cento delle persone investite. A 50 km orari ne muore il 90 per cento».Un tema particolarmente sentito tanto che tra le persone presenti spuntano quelle che indossano la T-shirt con la scritta «zona 30» perché, dicono, «la velocità è la chiave di tutto».


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