I magistrati in protesta in tutta Italia: a Roma flash-mob in Cassazione e aule vuote a piazzale Clodio [VIDEO]
Il nodo centrale della protesta è la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti (pubblici ministeri) e giudicanti (giudici), una misura storicamente sostenuta dalla destra ma contestata dall'Anm
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Oggi, 27 febbraio, si svolge uno sciopero nazionale della magistratura, proclamato dall'Associazione Nazionale Magistrati (Anm) per protestare contro la riforma costituzionale della giustizia promossa dal governo Meloni. Il nodo centrale della protesta è la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti (pubblici ministeri) e giudicanti (giudici), una misura storicamente sostenuta dalla destra ma contestata dall'Anm, che la considera una minaccia all'autonomia e all'indipendenza della magistratura.
La manifestazione a Roma e nelle altre città
«Lo sciopero dimostra solo che la separazione delle carriere è sacrosanta - spiega Laura, una giovane avvocata penalista del Foro di Roma qui ora in Tribunale -. Le udienze, oggi, sono state tutte rinviate...».
La mobilitazione coinvolge 29 città con assemblee pubbliche e manifestazioni. A Roma è previsto un flash mob sulla scalinata del Palazzo di Giustizia e un'assemblea al cinema Adriano, mentre a Milano la protesta inizia alle 9:30 davanti al tribunale. Al tribunale penale di Roma, a piazzale Clodio, gli avvocati si trovano senza magistrati. «Le udienze - spiega un avvocato penalista spaesato tra le aule del tribunale - le fanno solo con detenuti o soggetti sottoposti a misure cautelari». Intanto fuori aule e dalle varie sezioni sono stati affissi volantini con le scritte: «Sciopero dei magistrati a difesa della Costituzione» e «No al controllo del potere politico sulla magistratura».
I motivi della protesta dei magistrati
La magistratura evidenzia che la riforma non affronta problemi strutturali come la mancanza di risorse e il malfunzionamento del processo penale telematico. La riforma, già approvata in prima lettura alla Camera il 16 gennaio, è ora in discussione al Senato e dovrà superare quattro passaggi parlamentari. Se non raggiungerà i due terzi dei voti in entrambe le camere, sarà sottoposta a un referendum confermativo.
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