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Francesco tra gli ultimi. Dal «Daje Papa» al «tenetevelo da conto». Ecco il documentario [VIDEO]

  • Edoardo Iacolucci
  • 4 ore fa
  • Tempo di lettura: 4 min

Dal Vaticano alle periferie di Roma, Papa Francesco ha scelto di camminare tra gli ultimi fino all'ultimo giorno. Detenuti, bambini, migranti: le testimonianze di chi ha incontrato il Pontefice raccontano un'eredità viva fatta di gesti concreti

papa francesco
Papa Francesco, street art Trastevere (La Capitale)

Papa Francesco, il «vescovo venuto dalla fine del mondo», ha camminato fino all'ultimo respiro tra gli ultimi: non per farsi vedere, ma per vedere. Non per giudicare, ma per abbracciare. Il suo viaggio si è concluso lasciando un testamento vivido di amore, accoglienza e giustizia, che oggi raccontiamo attraverso le voci di chi l'ha incontrato davvero.


Regina Coeli: l'ultima visita di Papa Francesco ai detenuti

«Abbiamo ricevuto la visita di papa Francesco giovedì scorso, il giovedì Santo, Una visita a sorpresa, ovviamente accolta con tantissimo piacere. Probabilmente è stata l'ultima visita che il pontefice ha fatto all'esterno».Claudia Celmenti, direttrice del carcere di Regina Coeli, ricorda con emozione l'ultima visita di Papa Francesco, avvenuta a sorpresa il 17 aprile scorso: «Ci è stata preannunciata solo il giorno prima. È stata una visita breve ma intensissima». Nonostante le condizioni di salute evidenti, il Pontefice ha voluto incontrare personalmente circa settanta detenuti, regalando a ciascuno un rosario e una preghiera collettiva. «La sofferenza - ricorda Clementi - si leggeva sul suo volto, ha voluto salutare tutti quanti i detenuti, uno ad uno. E ci ha lasciato un messaggio potentissimo, ora diventato un'eredità ancora più profonda», ha aggiunto la direttrice di Regina Coeli.


La lotta contro il populismo penale e il «Daje Papa» a Rebibbia

Simona Marietti, direttrice nazionale dell'associazione Antigone, sottolinea come l’attenzione di Papa Francesco per i carcerati non fosse solo carità cristiana, ma un impegno ragionato. «Ricordo un discorso del 2014 in cui mise in guardia contro l'illusione populista che la pena carceraria possa risolvere ogni problema sociale». Marietti rievoca anche l'emozione dei detenuti di Rebibbia che, durante l'apertura della Porta Santa a Rebibbia, il 26 dicembre 2024, la prima nella storia di un penitenziario gridarono «Daje Papa!», simbolo di un legame autentico.

«È quello che mi sento di dirgli anche ora -  conclude Marietti -. Daje Papa, grazie di tutto». Un legame che si è tradotto anche in gesti concreti: nel suo testamento, Papa Francesco ha destinato 200.000 euro al Pastificio Futuro del carcere minorile di Casal del Marmo, progetto che impiega e coinvolge giovani detenuti, dandogli una nuova prospettiva.



Tor Bella Monaca: il bene e il male, spiegato ai bambini

Insieme alle condizioni dei reclusi, Bergoglio ha prestato sempre grande attenzione alle periferie. Da Corviale, a Casal Bertone, da Ostia a Tor Bella Monaca. Qui c'è don Giulio Barbieri, parroco della chiesa di Santa Maria Madre del Redentore in via Cambellotti. Durante un incontro con i bambini, una bambina chiese al Papa se Dio perdonasse proprio tutti, anche i cattivi: «Papa Francesco, con parole semplici, le raccontò del bene e del male, dell’inferno e perfino del diavolo - racconta don Giulio -. Le disse che Dio perdona tutti, ma che esiste chi rifiuta totalmente il suo amore, ed è lì che nasce l'inferno». Il parroco sottolinea che la grandezza di Borgoglio è stata nel non aver sminuito la realtà del male «sopratutto in un quartiere così difficile. Questo suo modo di parlare al cuore, senza edulcorare, mi ha colpito profondamente», conclude don Giulio.


Casal Bertone: il Papa semplice

Anche a Casal Bertone, la memoria di Papa Francesco è viva tra la gente: «Era uno di noi», raccontano alcune residenti. «Sembrava una persona qualunque, andava a comprarsi le scarpe da solo, voleva una sepoltura semplice». Il ricordo di Francesco è quello di un Papa vicino, capace di farsi amare da credenti e non credenti.


A pochi passi in piazza di Santa Maria Consolatrice, nella omonima parrocchia c'è don Luigi Lani. Ricorda il volto sorridente di Bergoglio tra la folla di bambini in piazza: «La piazza era il luogo che più amava, ed è lì che idealmente ha voluto concludere il suo cammino». Poi una camminata finita ai vicini campi della Pro Roma.


L'abbraccio agli "invisibili"

Alla cerimonia funebre in Piazza San Pietro oltre i leader politici mondiali, erano presenti delegazioni di migranti e rifugiati, tra cui i soccorritori della Mediterranea Saving Humans, l'ong che salva le vite di chi sceglie di trovare più fortuna al di là del mare.

Gli uffici di Mediterranea sono all'interno di Spin Time Labs, centro culturale e sociale romano. Qui negli spazi di via di Santa Croce in Gerusalemme 55, c'è don Mattia Ferrari, cappellano di bordo di Mediterranea.

«Don Mattia è stato particolarmente caro al Papa -, racconta Paolo Perrini, presidente di Spin Time -. Una volta, che lo incontrai, mi disse in perfetto romano "tenetevelo da conto"». Parole che raccontano una relazione intensa e concreta. Non solo parole, ma gesti tangibili: «Con Papa Francesco - spiega Don Mattia Ferrari - abbiamo condiviso non solo pranzi, ma anche battaglie. La nostra non è stata una relazione personale e basta, ma è stata una relazione costantemente protesa alle persone che chiedono aiuto, in primis ai migranti, ma non solo. Ci siamo venuti bene, ma soprattutto per voler bene agli altri.


L'amore quando è vero, prevede anche passi per i corpi, per gli abbracci, per le carezze: «In questo si vedeva che il suo amore era vero, e quindi questo suo amore veramente era vero e dava carne a questa Fraternità Universale. Lui non ha solo predicato l'amore alla Fraternità Universale, lui ha dato loro carne».

Papa Francesco non ha solo predicato la fraternità. L'ha vissuta. Fino all'ultimo passo, con le scarpe di sempre.



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