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«Dal dire al fare»: ecco il programma dell'Ordine degli architetti per salvare i cinema romani

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    Redazione La Capitale
  • 1 giorno fa
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 10 ore fa

La proposta prevede l’introduzione di norme dedicate, una chiara definizione delle competenze tra enti e amministrazioni, dalla Regione al Comune fino alla Soprintendenza, e l’istituzione di un tavolo tecnico permanente promosso dall’Ordine

cinema roma
Maestoso di via Appia Nuova

Un’architettura per la cultura, una visione condivisa per la città. Con queste premesse, l’Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia ha presentato ieri alla Casa dell’Architettura di piazza Manfredo Fanti una proposta concreta per il recupero delle numerose sale cinematografiche dismesse della Capitale. L’iniziativa, dal titolo emblematico «Dal dire al fare», si inserisce all’interno di un percorso avviato già lo scorso ottobre con l’evento «La carica dei 101», dedicato alle oltre cento sale chiuse a Roma negli ultimi anni.


Un approccio normativo e progettuale

Durante il convegno, i relatori hanno evidenziato l’urgenza di dotarsi di un quadro normativo specifico per le sale cinematografiche, riconoscendone la peculiarità strutturale, storica e funzionale. La proposta prevede l’introduzione di norme dedicate, una chiara definizione delle competenze tra enti e amministrazioni, dalla Regione al Comune fino alla Soprintendenza, e l’istituzione di un tavolo tecnico permanente promosso dall’Ordine, per garantire un dialogo costante tra professionisti, istituzioni e cittadini.


Il presidente dell’Ordine, Alessandro Panci, ha sottolineato come il recupero delle sale cinematografiche rappresenti un’opportunità più ampia di rigenerazione urbana e sociale, «di trasformazione della città, in cui la valorizzazione degli edifici storici si affianca alla rigenerazione di spazi strategici per la comunità. Serve un tavolo tecnico permanente per un confronto costruttivo sul ruolo delle sale nella città contemporanea», ha spiegato.


La centralità del progetto

Ad intervenire anche l'architetto Lorenzo Busnengo che ha evidenziato il ruolo fondamentale della progettazione architettonica nella valorizzazione di queste strutture: «È indispensabile un quadro normativo chiaro e definito che restituisca centralità al progetto, affidandolo alla competenza degli architetti. Solo così è possibile coniugare vincoli storici e culturali con la vivibilità urbana e le esigenze attuali dei cittadini».


Anche Marco Maria Sambo ha ribadito l’importanza di un approccio progettuale consapevole, capace di distinguere tra le «sale d’autore» del Novecento (come l'Adriano, ndr), veri capolavori da restaurare con intelligenza, e quelle strutture che, pur non avendo un valore architettonico elevato, possono essere trasformate in nuove centralità culturali e sociali: «Le sale cinematografiche non sono solo contenitori: sono cultura, memoria, identità. E la cultura deve essere la base per costruire il nostro futuro».


Un messaggio chiaro: è il momento di agire

Il convegno si è chiuso con un messaggio forte e chiaro: basta polemiche e immobilismo, è tempo di passare all’azione con strumenti chiari, visioni condivise e qualità progettuale. Il patrimonio delle sale cinematografiche dismesse può e deve essere recuperato, a beneficio non solo della città, ma dell’intera comunità che ne riconosce il valore sociale, storico e culturale.





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