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Alberto Laruccia

Cristiano De Andrè per Rock in Roma

Aggiornamento: 30 lug

Cristiano De Andrè sul palco si mette a nudo con onestà, profondità e leggerezza

Cristiano De Andrè
Crediti foto di Rock in Roma

Mi sono seduto in platea certo di andare incontro ad uno show di circa 90 minuti. Una formula canonica che, nella consuetudine di una buona parte della concertistica pop, sembra essere diventata il limite massimo di durata di un concerto. 


Ma Cristiano De Andrè e soci portano in scena un live di due ore e trenta, due delle quali prima del bis. E lì mi accorgo (o mi ricordo?) che, forse, uno dei motivi che mi portano a vedere la musica dal vivo è proprio la vibrazione romantica che emanano quei musicisti che non vogliono mai scendere dal palco. E questo, da spettatore, è sempre un elemento di sorpresa nonché di gioia, che si sposa alla perfezione con la capacità tecnica degli artisti sul palco di arrangiare e modellare in una chiave sempre originale uno dei repertori più difficili da maneggiare della storia della canzone italiana. 


Cristiano De Andrè sul palco si mette a nudo con onestà, profondità e leggerezza. Nel raccontare il rapporto con un padre che non avrebbe mai voluto facesse il musicista, riconosce che la sua contrarietà fosse figlia della speranza di poterlo preservare da un inevitabile ed eterno confronto. “Se avessi fatto il musicista” dice dal palco “ci sarebbe stato il confronto con lui e avrei pagato delle conseguenze abbastanza difficili, e così è stato” e continua “ho preferito soffrire un po’ di più ma fare quello che mi piaceva fare, il musicista”. E con un sorriso sul volto, ci porta per mano lasciandoci entrare in un luogo intimo e molto profondo…lì dove al pubblico raramente è concesso entrare. E questa modalità così sincera, fraterna, rende la platea un tutt’uno con Cristiano uomo e artista, dato che, checché se ne dica, non basta avere un repertorio molto solido per regalare un’esperienza potente allo spettatore.


La scaletta non può fare a meno di alcuni dei grandi classici ma riserva delle sorprese importanti. Inizia con due brani tratti da Le Nuvole cantati in dialetto genovese (Megu Megun e 'Â çímma) che sembrano essere una dichiarazione di intenti netta e che si trasforma di lì a poco in una parola data che viene mantenuta fino a fine concerto. Se ti tagliassero a pezzetti, Smisurata Preghiera, Disamistade, Nella mia ora di libertà, La collina, se qualcuno si aspettava un karaoke è rimasto (fortunatamente) deluso. 


Quella di Cristiano De Andrè e band è la celebrazione di un repertorio immortale nelle sue molteplici sfaccettature che aiuta il pubblico a ricordare (e talvolta, ancora, a scoprire) tutti i punti di ombra e luce che per natura abbiamo perso per strada durante il viaggio nella discografia di Faber. Un contributo prezioso a diffondere la memoria di un repertorio raffinato e raro.


Setlist:


Megu Megun

'Â çímma

Ho visto Nina volare

Don Raffaè

Se ti tagliassero a pezzetti

Smisurata preghiera

Verranno a chiederti del nostro amore

La canzone del padre

Nella mia ora di libertà

Bocca di rosa

Amico fragile

La canzone di Marinella

Disamistade

Medley acustico - Andrea/La cattiva strada/Un giudice

Il Testamento di Tito

La collina

Volta la carta 

Quello che non ho 

Fiume Sand Creek


Bis 

Creuza de mä

Il pescatore

La canzone dell’amore perduto


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