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Redazione La Capitale

Caso Serena Mollicone, ecco perché i giudici hanno assolto la famiglia Mottola

Aggiornamento: 12 ott 2024

«Nessuna prova che i Mottola abbiano ucciso Serena Mollicone», questa è il motivo della loro assoluzione secondo i giudici della corte d’Assise d’Appello di Roma

Serena Mollicone
Serena Mollicone

Serena Mollicone è scomparsa da Arce il primo giugno del 2001. Il suo corpo è stato rinvenuto due giorni dopo nel bosco dell'Anitrella, poco distante, con mani e piedi legati e una busta chiusa intorno alla testa con nastro isolante. Da quel momento, sono scattate le indagini. Soltanto dieci anni dopo, nel 2011, è iniziato il processo alla famiglia Mottola, imputata per omicidio colposo.


Al banco degli imputati l'ex maresciallo della caserma di Arce, Franco Mottola, la moglie Anna Maria e il figlio Marco. Nei loro confronti erano stati chiesti 24 anni per l'ex carabiniere e 22 per la moglie e il figlio. Nella sentenza d'Appello i tre sono stati assolti, «Questa Corte ritiene di non avere le prove della colpevolezza degli odierni imputati, e sa che una sentenza di colpevolezza sarebbe costruita su fondamenta instabili». È quanto scrivono, nelle motivazione della sentenza di secondo grado, i giudici della prima Corte d'Assise d'Appello, che il 12 luglio scorso hanno assolto il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, il figlio Marco, e la moglie Annamaria.


I motivi dell'assoluzione sono stati resi noti oggi

Le motivazioni della sentenza di assoluzione, sono state rese pubbliche in 59 pagine oggi. Al loro interno, smontata anche la versione secondo cui la porta della caserma, quella che secondo l'accusa presenterebbe una spaccatura compatibile con la ferita alla testa della diciottenne, sarebbe l'arma del delitto. «Non vi è certezza che la barbara uccisione della povera Serena sia avvenuta nella caserma dei Carabinieri di Arce: non è certo che la ragazza sia entrata in quel luogo, non è certo che sia stata scagliata contro la porta, ancora più incerto è che la seconda parte dell'aggressione alla sua persona (quella, letale, dell'imbavagliamento e dell'asfissia) sia avvenuta nella stessa stazione».


«Questa Corte non ignora che, nel corso dei lunghi anni trascorsi dopo la morte di Serena, si sia progressivamente radicata in larga parte dell'opinione pubblica la convinzione della responsabilità degli odierni imputati. Ma il convincimento del giudice non può e non deve fondarsi sui sondaggi o sugli umori popolari». È quanto scrivono, nelle motivazioni della sentenza di secondo grado.

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