
«Questi scavi ci hanno consentito di entrare a contatto con quella che è la vita quotidiana degli abitanti della collina della Velia». In poche parole si riassume il senso degli scavi sotto alla stazione della metro C Colosseo/Fori Imperiali e Porta Metronia, inaugurate martedì 16 dicembre.
Non una storia di monumenti ma di persone, abitudini, oggetti comuni. Nel sottosuolo delle nuove stazioni si riscopre infatti il passato più semplice, quello vissuto ogni giorno, rimasto sepolto per secoli e oggi finalmente restituito alla città.
Per tutti questi motivi la nuova Colosseo–Fori Imperiali non è solo un punto di passaggio per chi prende la metropolitana, ma luogo in cui ingegneria e archeologia dialogano ogni giorno.

La stazione si sviluppa su quattro livelli interrati, raggiunge i 32 metri di profondità ed è lunga circa 240 metri. Permetterà per la prima volta il collegamento diretto tra la linea B e la C della metro di Roma.
Gli scavi archeologici, avviati nel 2014, hanno restituito risultati da ieri visitabili. Durante i lavori sono emerse le prove che interi quartieri di età repubblicana erano stati interrati da Nerone per costruire la sua Domus Aurea.
«Non sapevamo che qui sotto ci fosse una caserma romana, perché tutte le indagini preliminari condotte, sia oggi di scavo che carotaggi, avevano dato solo pochi elementi. E invece la caserma abbiamo cominciato a intravederla a partire da 7 metri e mezzo di profondità, fino ai 12. È stata un'enorme sorpresa», ha spiegato Simona Morretta della Soprintendenza Speciale di Roma.
Sul versante del Clivo di Acilio sono riemersi resti di edifici residenziali di età imperiale e tardoantica, disposti su terrazze. Nell’area del Clivo di Venere Felice e del piazzale del Colosseo è stato scoperto un grande complesso monumentale di epoca flavia, con una struttura circolare di circa 14 metri di diametro, probabilmente una fontana, affiancata da una vasca rivestita in marmo. Una scoperta mai documentata prima, che arricchisce la conoscenza dell’area intorno all’Anfiteatro.
A raccontare cosa è emerso dai pozzi durante l'inaugurazione di ieri è Angelica Puija, funzionaria restauratrice e curatrice del Parco Archeologico del Colosseo. «La cosa molto interessante è che molti di questi oggetti cadevano in un piccolo spessore d’acqua, a volte sono interi. Abbiamo molto vasellame integro perché la caduta veniva attutita dal fango. Non soltanto i pozzi perdevano totalmente l’acqua, ma a volte l’acqua diventava fangosa».
Tra i reperti recuperati ci sono molti oggetti in metallo, materiale prezioso in età antica. «Erano oggetti pregiati, come per esempio dei manici di vasi senza il vaso, perché il metallo era molto prezioso e quindi anche questo oggetto aveva valore».
Accanto agli oggetti di uso quotidiano emergono elementi legati alla sfera simbolica e rituale. «Abbiamo trovato corna di cervo, che erano oggetti rituali. Sicuramente ci sono ritualità molto spesso legate alla figura femminile. Ci sono vari falli, un segno di prosperità».
Alcuni reperti sembrano essere stati deposti intenzionalmente. «È probabile che siano stati buttati al momento della chiusura del pozzo. Ovviamente non possiamo ricostruire minuto per minuto la caduta degli oggetti, però ci sono per esempio dei pesi da telaio spezzati, volutamente spezzati, quindi legati anche alle attività femminili».
E sulla quantità dei materiali rinvenuti conclude: «È difficile contarli, però potete vedere quanti pozzi, 28, riempiti per metri e metri nella loro profondità».
Per Elisa Cella, del team del Parco Archeologico del Colosseo, questi ritrovamenti hanno un valore che va oltre l’eccezionalità dei singoli oggetti. «Ci hanno consentito di entrare a contatto con quella che è la vita quotidiana degli abitanti della collina della Velia».
Un luogo che oggi non esiste più. «È utile ricordare che stiamo esattamente in corrispondenza di una collina che non c’è più, cioè la Velia, che nel 1932 è stata oggetto di grandi sbancamenti».
L’allestimento museale, diviso in 5 sezioni, accompagna il visitatore in questo racconto. «Noi la chiamiamo una finestra sulla storia: lo scavo ai piedi del Colosseo. Al di sopra delle nostre teste vedremo le vetrine che illustrano i pozzi in funzione. Il nome è “Acqua per la città”».
Una parte del percorso è pensata per essere accessibile a tutti, anche a chi non prende la metropolitana. «Nel primo ambito di allestimento, che ha il pregio di essere aperto a tutti e visibile senza biglietto prima dei tornelli, la sezione dal Colosseo a piazza Venezia vuole illustrare quello che gli utenti, i visitatori e i turisti troveranno una volta usciti dalla stazione oppure si lasciano alle spalle. Il contesto dei Fori Imperiali e le sue trasformazioni».
Lo stesso approccio è stato seguito anche per la stazione Porta Metronia. Qui è stato realizzato un vero museo archeologico, accessibile da una piazza ipogea aperta al pubblico. Gli scavi hanno interessato circa 50.000 metri cubi di terreno e hanno riportato alla luce un complesso di eccezionale valore, tanto importante da richiedere una revisione del progetto per permetterne la conservazione e la ricollocazione nello stesso luogo del ritrovamento.
Nella stazione di Amba Aradam gli scavi hanno rivelato una grande caserma romana del II secolo d.C., composta da oltre trenta ambienti decorati con affreschi e mosaici. Accanto agli edifici si estendeva un’area a giardino attraversata dall’antico corso dell’Aqua Crabra. Il complesso fu abbandonato con la costruzione delle Mura Aureliane e oggi torna visibile come parte integrante della stazione.
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